1. Da Giuseppe figlio di Giacobbe a Mosè

16.10.2025

L'inizio della Storia

Gen 50,15-26 Es 1,1-22

Iniziamo oggi il 13° anno di attività di questo nostro piccolo gruppo che "lavora" alla scoperta e comprensione ma soprattutto sull'ascolto della grandezza e bellezza della Sacra Scrittura. Scrive il profeta Geremia (15,16): «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore…». Questo è ciò che ci lega, un'avidità buona, l'unica avidità che non determina peccato!

Quest'anno tratteremo il Libro dell'Esodo. Uno dei libri interni al Pentateuco cioè alla raccolta di cinque libri che come cristiani condividiamo con la Bibbia ebraica. Il Libro dell'Esodo è ritenuto sia da noi Cristiani sia dai nostri fratelli Ebrei un Libro altamente formativo. Un Libro fondamentale in quanto prospettico, prodromico ma soprattutto profetico in Gesù. Il Libro, infatti, non deve essere letto come un testo storico ma profetico, pur dovendo, per comprenderlo, entrare nei fatti, nei tempi e nei luoghi descritti. Se lo leggessimo come storico non capiremmo la potenza dell'intervento divino tremila anni fa come duemila anni fa, oppure oggi e decisamente ogni domani! Perché quello che è scritto in realtà si ripropone e si riproduce nelle nostre vite, nella nostra quotidianità. Un intervento costante e personale di Dio diretto alla Liberazione dell'uomo, alla nostra personale liberazione. Ecco il libro dell'Esodo è il libro della liberazione, realizzata con il passaggio straordinario del Mar Rosso, del cammino verso la Terra Promessa che deve essere interpretata come la nostra personale terra di arrivo, attraverso il vagare per 40 anni nel deserto. Quella terra che abiteremo nell'eternità, quella che viene chiamata la Gerusalemme celeste che il Signore ci ha riservato e che è in Cristo Gesù. Per questo il Libro dell'Esodo è un intreccio tra storia per determinarne la realtà e profezia in quanto ci fornisce gli strumenti per guardare la nostra vita e metterla in proiezione nell'Eterno. Il Testo biblico potremmo, quindi, suddividerlo in tre sezioni: il Tempo della schiavitù in Egitto, il Tempo della Liberazione dalla schiavitù, il Tempo del cammino verso la terra promessa. Ma perché, che cosa ci faceva il popolo eletto di Dio in Egitto e per di più ridotto in schiavitù. Dobbiamo fare un passo indietro, di mille anni? Forse! Ma sarò velocissimo.

Abramo fu il primo uomo chiamato dal Signore il quale gli promise una discendenza incalcolabile: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle e soggiunse: Tale sarà la tua discendenza.» (Gen 15,5) Così inizia la storia.

Abramo generò Isacco, Isacco generò Esaù e Giacobbe, Giacobbe generò 12 figli. Il penultimo di questi si chiamava Giuseppe ed era il figlio prediletto del padre Giacobbe. Mentre gli altri andavano al lavoro Giuseppe se ne stava a casa a non far nulla. Una mattina, mentre tutti i fratelli erano lontani da casa a pascolare le greggi, il padre Giacobbe comanda al figlio Giuseppe di uscire e di raggiungere i fratelli per vedere come procedeva il pascolo. Giuseppe si incamminò e raggiunse gli altri. I fratelli odiavano Giuseppe in quanto era il preferito del padre e così, vedendolo arrivare, decisero di ucciderlo. Ma non tutti erano d'accordo e allora raggiunsero il compromesso di venderlo. Passava di lì una carovana diretta in Egitto e così fecero. Giuseppe, però, tra alterne vicissitudini si fece valere e ben volere in particolare perché era un eccellente interprete dei sogni e un giorno fu proprio il Faraone a chiamarlo per risolvere il sogno della notte appena trascorsa. È un sogno che tutti, credo, conosciamo quello delle sette vacche grasse e delle sette vacche magre. Giuseppe interpreta sette anni di abbondanza e sette anni di carestia. Giuseppe, visto il compiacimento del Re, propose un piano strategico per accumulare le eccedenze dei sette anni di abbondanza e così il Faraone, visto il grande talento affidò a Giuseppe tutti i poteri in Egitto! Come previsto arrivò la carestia che coinvolse tutto il territorio, mentre in Egitto c'era abbondanza. La famiglia di Giacobbe saputo di questa possibilità di procurarsi del cibo andò in Egitto e i fratelli e Giuseppe si riconobbero e così anche il padre Giacobbe, fu invitato ad andare in Egitto. Tutta la famiglia 70 persone, si trasferirono in Egitto. L'ultimo capitolo della Genesi racconta che a seguito della morte di Giacobbe, i fratelli si presero paura circa la possibilità di poter rimanere in pace in Egitto a causa della presunta, possibile vendetta di Giuseppe, ma Giuseppe rassicura i fratelli e lo fa con una frase che meriterebbe una meditazione personale profonda perché ciò che è scritto è scritto per ognuno di noi e ci ha certamente almeno una volta coinvolto in questa nostra vita: «Non temete. Sono io forse al posto di Dio? Se voi avevate pensato del male contro di me, Dio ha pensato di farlo servire a un bene, per compiere quello che oggi si avvera: far vivere un popolo numeroso. Dunque non temete, io provvederò al sostentamento per voi e per i vostri bambini. Così li consolò e fece loro coraggio»

Il tempo passa e la storia cambia. I 70 uomini e donne diventarono una realtà numerosa. Il faraone dei tempi di Giuseppe morì e i successori non conoscevano Giuseppe e quella realtà ebraica la quale da importante divenne ingombrante!

LETTURA 1 ES 1,7-22

" 7 I figli d'Israele furono fecondi, si moltiplicarono abbondantemente, divennero numerosi, molto potenti, e il paese ne fu ripieno. 8 Sorse sopra l'Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. 9 Egli disse al suo popolo: «Ecco, il popolo dei figli d'Israele è più numeroso e più potente di noi. 10 Usiamo prudenza con esso, affinché non si moltiplichi e, in caso di guerra, non si unisca ai nostri nemici per combattere contro di noi e poi andarsene dal paese».

Questa è una storia che conosciamo bene, è la storia degli uomini, fratelli che capovolgono il pensiero. La vicinanza dell'altro, se proveniente da un altro paese con radici culturali lontane dalle nostre, non è vissuta come una opportunità di crescita ma deve essere vissuta come una minaccia. Allora il potente di turno per ribadire questo concetto di incompatibilità deve creare e descrivere "lo straniero" un diverso, e in quanto diverso, un pericolo. Questa è anche la nostra storia, il Faraone di ogni tempo tenderà sempre a mettere paura, vittimizzandosi, affinché il proprio popolo esegua per paura ogni comando

Vedete come fin dalle prime righe di questo libro si ritrova la vita comune di sempre, quella che viviamo noi, la nostra attualità.

11 Stabilirono dunque sopra Israele dei sorveglianti ai lavori, per opprimerlo con le loro angherie. Israele costruì al faraone le città che servivano da magazzini, Pitom e Ramses.

Ecco, risolto il problema con la più beffarda delle contraddizioni, abbiamo un pericolo o un'opportunità? C'è bisogno o no di mani per costruire queste città deposito? Certo! È dunque un'opportunità. Bisogna rendere schiavo il popolo affinché con la scusa del presunto pericolo lo si possa opprimere. Questa è la schiavitù, che attenzione, non è solo schiavitù fisica. Guardiamoci intorno guardiamoci dentro e troveremo mille dipendenze, mille schiavitù, mille coercizioni.

Scrive la teologa Lidia Maggi: «La Bibbia attesta che, da sempre, la storia umana si svolge lungo percorsi poco razionali; che le decisioni sono dettate più dalla paura che dall'analisi lucida della situazione».

12 Ma quanto più lo opprimevano, tanto più il popolo si moltiplicava e si estendeva; e gli Egiziani nutrirono avversione per i figli d'Israele. 13 Così essi obbligarono i figli d'Israele a lavorare duramente. 14 Amareggiarono la loro vita con una rigida schiavitù, adoperandoli nei lavori d'argilla e di mattoni e in ogni sorta di lavori neicampi. Imponevano loro tutti questi lavori con asprezza.

(Nota. La lettura del testo biblico è intervallata da un commento presentato durante l'incontro del giovedì pomeriggio con il gruppo della Lectio Divina/Incontri Biblici).


15 Il re d'Egitto parlò anche alle levatrici ebree, delle quali una si chiamava Sifra e l'altra Pua, e disse: 16 «Quando assisterete le donne ebree al tempo del parto, quando sono sulla sedia, se è un maschio, fatelo morire; se è una femmina, lasciatela vivere».

Due donne due levatrici che in ebraico significa "donna che dona la vita". Due donne riconoscibili in quanto il testo ne riporta i nomi, da loro due, "donne che donano la vita", avrà inizio la liberazione dalla schiavitù mortifera ovvero il ritorno alla vita da un luogo fisico o spirituale che sia.

17 Ma le levatrici temettero Dio, non fecero quello che il re d'Egitto aveva ordinato loro e lasciarono vivere anche i maschi. 18 Allora il re d'Egitto chiamò le levatrici e disse loro: «Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i maschi?» 19 Le levatrici risposero al faraone: «Le donne ebree non sono come le egiziane; esse sono vigorose, e prima che la levatrice arrivi da loro, hanno partorito». 20 Dio fece del bene a quelle levatrici. Il popolo si moltiplicò e divenne molto potente. 21 Poiché quelle levatrici avevano temuto Dio, Egli fece prosperare le loro case.

Queste due donne dedite a dare vita saranno ripagate anch'esse, le loro famiglie saranno piene di vita

22 Allora il faraone diede quest'ordine al suo popolo: «Ogni maschio che nasce, gettatelo nel Fiume, ma lasciate vivere tutte le femmine».