3 La missione di Mosè

30.10.2025

La Missione
Es 3,13.4 


Prima di iniziare vorrei ribadire ciò che avevo già detto in presentazione del Libro dell’Esodo, nel nostro primo incontro. Era ed è una premessa importante, che cerca anche di chiarire il dibattito avvenuto giovedì scorso. Il Libro dell’Esodo non si può, né si deve considerare un libro storico. È un libro simbolico, un libro profetico ovvero annunzia eventi che saranno, ora sì, nella storia, che anche dopo tremila anni seguitano a coinvolgerci. 
Ma, attenzione, non dobbiamo staccarci dalla descrizione storica in cui il Libro è inserito, dalla sua Geografia Biblica, perché il Messaggio Divino transita proprio in quel contesto, nel nostro contesto temporale, agisce nel concreto della vita degli uomini. 
Dobbiamo mantenere l’equilibrio tra la verità e la storia che non sempre coincidono. Per chiarire il concetto vi racconto un aneddoto che mi è stato a sua volta raccontato da un sacerdote durante una lezione di Liturgia: nel 1863 il Presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln proclamò l’abolizione della schiavitù. C’è un quadro esposto in un museo di New York che rappresenta, appunto, Lincoln con una grande cesoia che taglia le catene a uno schiavo. Ovviamente questo fatto non è avvenuto, non è storico, Lincoln non ha mai tagliato una catena, ma è VERO: Lincoln ha abolito la schiavitù. 
In questo equilibrio dobbiamo procedere, questa deve essere un po’ la chiave di lettura che dobbiamo utilizzare. 


Cominciamo: giovedì scorso abbiamo terminato l’incontro con il colloquio serrato tra Mosè e Dio circa la missione che lo stesso Mosè strapieno di dubbi avrebbe dovuto ottemperare
Dio lo rassicura?! dicendogli: «Io sarò con te». 
È sufficiente, sarà sufficiente… per me?


Esodo 3
13 Mosè disse a Dio: «Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?». 
Il nome nella cultura semitica, non ha un mero significato di appellativo. Il nome è l’essenza stessa della persona, è la sua conoscenza, la sua riconoscibilità. Ma la cosa interessante è il tipo di accento che ha Mosè nel rispondere a Dio. Fra qualche versetto, ma anche più avanti nel testo, scopriremo quanto sia addirittura irriverente se non offensivo nei confronti di Dio.
Mosè è sorpreso per questa chiamata, lui che è un pastore e ogni giorno della sua vita è uguale al precedente e sarà identico al domani, ora si andrebbe a trovare in una condizione tutta nuova per lui che, tra l’altro, ha difficoltà di linguaggio, è balbuziente, come vedremo tra poco. 
Potremmo dire di trovarci di fronte a un tragicomico battibecco: da una parte la forza di Dio che non cede dall’altra la fragile struttura dell’uomo


14 Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». Poi disse: «Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi». 15 Dio aggiunse a Mosè: «Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.   
Il tema del nome di Dio è uno dei temi più lavorati, meditati, studiati dalle scuole rabbiniche, dai biblisti ed esegeti cristiani. Un aspetto particolarmente interessante di questa questione vorrei affrontare: Dio conclude la frase come apponendo un timbro: “Io sono”, dice, “il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Questi sono coniugati al presente. Dio è il Dio dei vivi. Gesù dirà: «Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio: Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. Ora, non è Dio dei morti, ma dei vivi». (Mt 22,31-32)
Abramo, Isacco, Giacobbe e tutti i nostri padri erano lì in quel luogo chiamato gli inferi, il regno dei morti, in attesa dell’azione vitale di Gesù. 


16 Và! Riunisci gli anziani d'Israele e dì loro: Il Signore, Dio dei vostri padri, mi è apparso, il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, dicendo: Sono venuto a vedere voi e ciò che vien fatto a voi in Egitto.
Un altro insegnamento determinante per la nostra vita: il Signore Dio è presente nel dolore dell’uomo è Lui che si fa avanti è Lui che visita la nostra sofferenza. (altro argomento che approfondiremo nelle giornate dedicate alle 10 Parole). È lui che chiama e ci incarica. È Dio in prima persona ad agire ma per realizzare il proprio progetto di liberazione coinvolge l’uomo e lo chiama a essere mediatore.


17E ho detto: Vi farò uscire dalla umiliazione dell'Egitto verso il paese del Cananeo, dell'Hittita, dell'Amorreo, del Perizzita, dell'Eveo e del Gebuseo, verso un paese dove scorre latte e miele. 18 Essi ascolteranno la tua voce e tu e gli anziani d'Israele andrete dal re di Egitto e gli riferirete: Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio. 
Dio prepara il proprio popolo a uscire dalla schiavitù. Dobbiamo fare, ripeto, assoluta attenzione al termine schiavitù. La schiavitù è simbolo del male, della non libertà, della non vita della condizione mortale. La schiavitù non è solo quella fisica, ma anche quella psichica, quella delle dipendenze, quella del sesso e dite voi a piacimento. Per uscire dalla schiavitù del nostro male dobbiamo metterci in cammino, allontanarci da quella che ho già chiamato comfort zone, ma il camminare, l’allontanarsi richiede un tempo. Qui Dio, per iniziare, indica a Mosè tre giorni di cammino, diventeranno poi 40 anni nel deserto. Questo quaranta lo ritroveremo anche in altre situazioni bibliche, così come quel tre giorni. Sono tutti numeri e condizioni simboliche. 

19 Io so che il re d'Egitto non vi permetterà di partire, se non con l'intervento di una mano forte. 20 Stenderò dunque la mano e colpirò l'Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso, dopo egli vi lascerà andare.
21 Farò sì che questo popolo trovi grazia agli occhi degli Egiziani: quando partirete, non ve ne andrete a mani vuote. 22 Ogni donna domanderà alla sua vicina e all'inquilina della sua casa oggetti di argento e oggetti d'oro e vesti; ne caricherete i vostri figli e le vostre figlie e spoglierete l'Egitto».
Questo versetto 22 ci lascia basiti: come e soprattutto perché. 400 anni di sofferenze, ecco che Dio premia questo suo popolo che a Lui ha gridato la propria sofferenza, che di Lui si è ricordato. Se ci mettessimo nei panni di questo popolo per 400 anni fuori dalla propria terra, quindi dalle proprie radici culturali e religiose, in una terra dove gli dei pullulavano, come potevano ricordarsi di Giacobbe di Giuseppe per non parlare di Abramo o Isacco. Altra lingua altre tradizioni, altra cultura si radica in così tanto tempo fino a cancellare la propria origine e il proprio Dio. Questa fedeltà viene premiata e a danno di chi in quella terra è originario. Insomma l’identità del popolo di Dio viene riconosciuta e rimodellata. Mi viene da pensare al passo evangelico di Marco (10,28-30): «Pietro allora gli disse: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. Gesù gli rispose: “In verità vi dico: non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna”». 

Procediamo con la lettura del capitolo 4


Esodo 4
1 Mosè rispose: «Ecco, non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è apparso il Signore!». 
Mosè è consapevole dei suoi limiti, conosce il suo modo di agire che lo ha portato già una volta a fallire. Pare pensare “ho già fallito una volta” come mai potranno credermi?


2 Il Signore gli disse: «Che hai in mano?». Rispose: «Un bastone». 3 Riprese: «Gettalo a terra!». Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire. 4 Il Signore disse a Mosè: «Stendi la mano e prendilo per la coda!». Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano. 5 «Questo perché credano che ti è apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». 6 Il Signore gli disse ancora: «Introduci la mano nel seno!». Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve. 7 Egli disse: «Rimetti la mano nel seno!». Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne. 8 «Dunque se non ti credono e non ascoltano la voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo! 9 Se non credono neppure a questi due segni e non ascolteranno la tua voce, allora prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l'acqua che avrai presa dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta».
Il capitolo 4 inizia con un altro particolare insegnamento, e quando dico insegnamento, dato che proviene da Dio, dobbiamo accoglierlo e farlo macerare dentro di noi. Il bastone è per Mosè un pezzo di vita, è un pastore e quel bastone è il suo personale strumento, la sua personale vita. Dio, lo dicevamo poco fa usa sempre l’uomo per le sue azioni, non agisce mai in prima persona. Mosè esegue l’ordine di Dio getta il bastone a terra, getta la propria vita, la propria storia, gli ultimi suoi quarant’anni di vita a terra e questa si trasforma nel pericolo di un serpente. Non dovrebbe riprenderlo per la coda come gli indica il Signore perché il serpente girandosi potrebbe morderlo ma allora perché? Ma solo così può riappropriarsi della propria vita. Questo sarà sufficiente a convincere il popolo che è veramente mandato da Dio se non fosse sufficiente ci saranno altre dimostrazioni. Mosè comincia a comprendere l’azione di Dio. Come il bastone così la mano lebbrosa. È Mosè che è chiamato per primo a vivere la propria vita in funzione di Dio. Questa convinzione però barcolla, non regge nella coscienza di Mosè 

10 Mosè disse al Signore: «Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua». 11 Il Signore gli disse: «Chi ha dato una bocca all'uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore? 12 Ora va'! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire». 13 Mosè disse: «Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare!». 
Quest’ultimo versetto è davvero comico. Si è instaurata tra i due una confidenza tale che porta Mosè quasi, fatemi passare il termine, a prendere a parolacce Dio, ma fuori dalle battute il problema è la mancanza di fiducia che vive in Mosè. Ricordate la domanda con la quale ci siamo lasciati la settimana scorsa? 


(«Io sarò con te» È sufficiente?)


14 Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: «Non vi è forse il tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlar bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo. 15 Tu gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire e io sarò con te e con lui mentre parlate e vi suggerirò quello che dovrete fare. 16 Parlerà lui al popolo per te: allora egli sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio. 17 Terrai in mano questo bastone, con il quale tu compirai i prodigi».
18 Mosè partì, tornò da Ietro suo suocero e gli disse: «Lascia che io parta e torni dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi!». Ietro disse a Mosè: «Va' pure in pace!». 19 Il Signore disse a Mosè in Madian: «Va', torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!». 20 Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto. Mosè prese in mano anche il bastone di Dio.
21 Il Signore disse a Mosè: «Mentre tu parti per tornare in Egitto, sappi che tu compirai alla presenza del faraone tutti i prodigi che ti ho messi in mano; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il mio popolo. 22 Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito. 23 Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito!».
24 Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire. 25 Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: «Tu sei per me uno sposo di sangue». 26 Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                27 Il Signore disse ad Aronne: «Va' incontro a Mosè nel deserto!». Andò e lo incontrò al monte di Dio e lo baciò. 28 Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva inviato e tutti i segni con i quali l'aveva accreditato.
29 Mosè e Aronne andarono e adunarono tutti gli anziani degli Israeliti. 30 Aronne parlò al popolo, riferendo tutte le parole che il Signore aveva dette a Mosè, e compì i segni davanti agli occhi del popolo. 31 Allora il popolo credette. Essi intesero che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione; si inginocchiarono e si prostrarono.
Il quarto capitolo e questo incontro si conclude con un passaggio che dire criptico è davvero un eufemismo. Biblisti, Rabbini, Esegeti, Teologi accomunati dallo sconcerto. 
Non è chiaro, chi debba morire. 
È Zippora la moglie di Mosè a prendere in mano la questione e circoncide il proprio figlio, ritenendo la non circoncisione causa della violenta reazione divina. Il verbo utilizzato però non è circoncidere ma bensì tagliare (KARAT) riportandoci a quell’episodio descritto nella Genesi circa l’alleanza tra Dio e Abramo con l’attraversamento degli animali squarciati in due pezzi. Si tratta di un antico rito in cui i due sottoscrittori di un contratto dovevano passare tra le due parti di un animale significando che chi dei due non avesse mantenuto l’accordo avrebbe fatto la fine dell’animale sacrificato per mano dell’altro sottoscrittore.
Zippora fa anche un altro gesto anche qui non si comprende se verso il figlio o il marito. Tocca, con il prepuzio tagliato, i piedi appunto o di Mosè o del figlio, non è chiaro chi. 
Dobbiamo sapere anche che piedi in ebraico si dice REGEL ma con questo stesso termine si indicano o si allude agli organi genitali maschili. Anche questo è un antico rito di giuramento, ovvero mette in gioco la vita di chi ha giurato, se non mantieni il giuramento perderai la capacità di riprodurre la vita ovvero sei morto. Anche questo rito lo troviamo ben descritto al capitolo 24 della Genesi.
Quindi un racconto assolutamente simbolico di fronte alla stipula di una nuova alleanza tra Dio e gli uomini con Mosè e con la sua discendenza, ma anche un ruolo privilegiato di unione tra Dio e la famiglia di Mosè, con Zippora che figura come mediatrice. 
Non poteva essere altrimenti la vita di Mosè è dovuta a donne, sono loro a salvarlo: dalla madre alla sorella Miriam la principessa ecc… fino al ruolo fondante di Zippora.
Ma la domanda resta comunque in piedi perché Dio vuole uccidere Mosè?
Mosè lo ha scelto Dio stesso. 
È vero c’è molta resistenza, ma fino a un minuto prima Dio ribadisce il proprio progetto con l’aggiunta a supporto di Mosè del proprio fratello maggiore Aronne e allora cosa sta succedendo? 
Ma se guardiamo indietro, nella nostra vita, non c’è azione o intervento potente di Dio, a nostro favore, che non si costruisca nel conflitto, è dal conflitto interiore che nasce la forza per stare di fronte a Dio, per rispondere affermativamente a quella domanda: sarà sufficiente? Così è accaduto nella vicenda di Abramo e Isacco. Tra Esaù e Giacobbe, tra lo stesso Giacobbe e l’angelo di Dio. Così ne sono certo in virtù della mia personale esperienza di incontro con Dio e se guardate bene se siete qui è perché qualcosa del genere è avvenuta anche in tutti e tutte voi.