2. Mosè dalla nascita alla vocazione
Esodo 2
1 Un uomo della famiglia di Levi andò a prendere in moglie una figlia di Levi.
Al capitolo 6 leggiamo che il padre di Mosè e di Aronne era un certo Amram figlio di Keat anche lui della stirpe di Levi.
2 La donna concepì e partorì un figlio; vide che era bello e lo tenne nascosto per tre mesi. 3 Ma non potendo tenerlo nascosto più oltre, prese un cestello di papiro, lo spalmò di bitume e di pece, vi mise dentro il bambino e lo depose fra i giunchi sulla riva del Nilo.
Abbiamo ascoltato la settimana scorsa l'ordine del Faraone circa i neonati maschi e come le levatrici si erano rifiutate, timorose di Dio, di assecondare quella disposizione. La mamma di questo bambino opera in modo significativo e simbolico: un cesto, il bitume ci portano subito ad altri avvenimenti biblici, questo per sottolineare la bellezza della Scrittura che si "autolegge", scusate il neologismo, che pone di fronte a un episodio altri richiami che ci inducono a una costante meditazione. In Genesi 6,13-14, Dio fornisce istruzioni a Noè per come fare l'Arca: dal Libro della Genesi: «13 E Dio disse a Noè: «Ho deciso di por fine ad ogni carne, perché la terra a motivo degli uomini è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme alla terra. 14 Fatti un'arca di legno di gofer; fa' l'arca a stanze, e spalmala di bitume di dentro e di fuori.». Oppure in Luca 2,6-7: «Ora mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia»
In questi tre casi il cesto il bitume, l'Arca di salvezza, la mangiatoia si incrociano, si intrecciano e si inseriscono all'unisono nel progetto di salvezza di Dio che semplicemente significa: PROGETTO DI VITA!
Proseguiamo la lettura del testo
4 La sorella del bambino si pose ad osservare da lontano che cosa gli sarebbe accaduto. 5 Ora la figlia del faraone scese al Nilo per fare il bagno, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo la sponda del Nilo. Essa vide il cestello fra i giunchi e mandò la sua schiava a prenderlo. 6 L'aprì e vide il bambino: ecco, era un fanciullino che piangeva. Ne ebbe compassione e disse: «È un bambino degli Ebrei». 7 La sorella del bambino disse allora alla figlia del faraone: «Devo andarti a chiamare una nutrice tra le donne ebree, perché allatti per te il bambino?». 8 «Va'», le disse la figlia del faraone. La fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. 9 La figlia del faraone le disse: «Porta con te questo bambino e allattalo per me; io ti darò un salario». La donna prese il bambino e lo allattò. 10 Quando il bambino fu cresciuto, lo condusse alla figlia del faraone. Egli divenne un figlio per lei ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: «Io l'ho salvato dalle acque!».
Ci troviamo di fronte all'intreccio più emozionante di questo racconto: sei donne, diverse nello status, nella spiritualità, negli affetti: una madre, due levatrici, una sorellina, una principessa, la sua ancella, ognuna di loro partecipa alla salvezza della vita. Un ruolo particolare lo vedremo andando avanti nella lettura fra un po' di settimane lo assumerà Miriam sorella maggiore di Mosè. Ma già adesso è importante individuare la sua grandezza.
Quindi ancora donne e nella Scrittura sono tante che partecipano attivamente al dono della vita.
Nella storia, ancora breve di questo popolo di Dio, nulla ancora era emerso così in rilievo, qualcosa sta avvenendo! Le storie fin qui descritte a partire dal libro della genesi evidenziano quanta criticità esiste tra gli uomini, ma sempre c'è l'uscita di salvezza. Tra i primi due fratelli c'è un fratricidio, Miriam al contrario decide di custodire il fratello, ne ha cura, mentre Caino così risponde a Dio: «Allora il Signore disse a Caino: Dov'è Abele, tuo fratello? Egli rispose: Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?» Poi Esaù e Giacobbe con minacce reciproche di uccidersi, e ancora Giuseppe venduto agli Egiziani. E così per sempre fino a oggi, ma anche domani. Non si riesce a dare priorità alla vita! Lo vedremo tra un po' quando tratteremo le Dieci Parole qual è il vero e profondo significato del quinto comandamento «NON UCCIDERE».
11 In quei giorni, Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i lavori pesanti da cui erano oppressi.
Da un versetto all'altro troviamo un Mosè cresciuto diventato uomo, quarantenne. Esce dal luogo tranquillo, lo dicevamo in altre occasioni ognuno di noi ha la propria comfort zone, usciti di lì troviamo il mondo ciò che ci lega a lui, le sue contraddizioni, la nostra capacità o meno di entrare in relazione con i nostri fratelli. Mosè è questo, esce dal suo castello dorato, e si scontra con la realtà, comprende chi è lo sfruttato e chi è lo sfruttatore e forse frettolosamente, ma questo è un giudizio di opportunità e buon vivere, si schiera con coloro che effettivamente sono i suoi fratelli di sangue: gli sfruttati.
Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. 12 Voltatosi attorno e visto che non c'era nessuno, colpì a morte l'Egiziano e lo seppellì nella sabbia. 13 Il giorno dopo, uscì di nuovo e, vedendo due Ebrei che stavano rissando, disse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo fratello?». 14 Quegli rispose: «Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di uccidermi, come hai ucciso l'Egiziano?».
Ma essere fratelli di sangue non significa nulla. La scrittura ci insegna che le relazioni tra gli uomini e le donne pongono le basi su altre fondamenta. Sentite Matteo nel suo vangelo cosa scrive: «Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti». Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre». (Mt 12,46-50)
Ma c'è un secondo aspetto interessante e importante, il rivoltarsi violento, contro Mosè, dei due contendenti sta a significare che tutto sommato lo status di schiavitù era accettato.
Allora Mosè ebbe paura e pensò: «Certamente la cosa si è risaputa». 15 Poi il faraone sentì parlare di questo fatto e cercò di mettere a morte Mosè. Allora Mosè si allontanò dal faraone e si stabilì nel paese di Madian e sedette presso un pozzo.
Per chi ha un po' di dimestichezza con i testi sacri sa che il pozzo è presente in vari passaggi biblici. È un luogo d'incontro; d'altra parte anche logicamente nell'aridità di quei territoti un punto di raccolta dell'acqua diventa momento di confronto, di condivisione, anche di lite, come vedremo tra poco, ma anche scambi importanti di sapienza, pensate all'incontro tra Gesù e la Samaritana. Ancora una volta per sintetizzare si può parlare di Vita. Il pozzo, l'acqua che è al suo interno è l'elemento fisico di miglior rappresentazione del concetto di vita. Altro punto importante sta iniziando la seconda quarantina di Mosè. Questa scansione degli anni la ritroviamo ben descritta da Stefano (santo) il primo martire mentre era sotto processo nel sinedrio.
16 Ora il sacerdote di Madian aveva sette figlie.
Intorno a questo brano c'è una simbolica importante, di nuovo donne che raccolgono la vita, una simbolica del sacro, questo significa l'incontro con il sacerdote di Madian, inoltre scopriamo elementi di pienezza, questa famiglia che Mosè sta incontrando sarà la sua pienezza di vita, il numero sette è a rappresentarlo, la sua maturazione fino alla condizione per incontrare il Dio dei suoi padri come vedremo.
Esse vennero ad
attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e far bere il gregge del
padre. 17 Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono.
Allora Mosè si levò a difenderle e fece bere il loro bestiame. 18 Tornate
dal loro padre Reuel (o
IETRO), questi disse loro: «Perché oggi avete fatto ritorno così in
fretta?». 19 Risposero: «Un Egiziano ci ha liberate dalle mani
dei pastori; è stato lui che ha attinto per noi e ha dato da bere al gregge». 20 Quegli
disse alle figlie: «Dov'è? Perché avete lasciato là quell'uomo? Chiamatelo a
mangiare il nostro cibo!». 21 Così Mosè accettò di abitare con
quell'uomo, che gli diede in moglie la propria figlia Zippora. 22 Ella
gli partorì un figlio ed egli lo chiamò Gherson, perché diceva: «Sono un
emigrato in terra straniera!».
23 Nel lungo corso di quegli anni, il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro
schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a
Dio.
Si perdono le tracce dell'importante relazione Faraone/Giuseppe già qualcosa si era rotto nel rapporto con gli ebrei. Il popolo Dio è allo stremo. E il lamento giunge a Dio. Questo dobbiamo impararlo bene. C'è una parabola che Gesù racconta che è particolarmente istruttiva: (Luca 18,1-8) Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: «C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi». E il Signore soggiunse: «Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».
24 Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. 25 Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero.
Esodo 3,1-12
1 Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. 2 L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. 3 Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». 4 Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!».
Ancora una volta questo "Eccomi" da Abramo a Maria una continuazione di "eccomi", qui sta la disponibilità degli uomini a perpetrare la volontà di Dio, non senza contrasti, dubbi, perplessità, diniego. Ma questo "eccomi" è presente in questo lungo cammino che noi dopo i nostri padri stiamo ancora facendo!
5 Riprese: «Non
avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è
una terra santa!». 6 E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il
Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il
viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.
7 Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo
grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze.
È questo nostro Dio che ascolta, conosce e agisce
8 Sono sceso per liberarlo dalla mano dell'Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo, il Perizzita, l'Eveo, il Gebuseo.
Qui si sta usando un concetto che abbiamo già trovato nel Libro della Genesi. In ebraico gli aggettivi bello e buono sono la stessa cosa.Dio durante la creazione stabilisce che tutto era buono, ecco ora dice a Mosè la stessa cosa il mondo dove l'uomo vivrà è buono o bello che dir si voglia.
Il testo ci indica che il caos primigenio originario: «Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso» (Gen 1,2) era non vita; così la schiavitù, la mancanza di libertà è morte. L'intervento creativo di Dio è indirizzato verso la liberazione e quindi la vita.
Ma non dimentichiamo che i nostri nemici ci sono e ci saranno, porta a dire il salmista «Ogni mattina sterminerò tutti gli empi del paese per estirpare dalla città del SIGNORE tutti i malfattori» (Salmo 101,8)
I nostri Faraoni, i nostri idoli che ci conducono verso dipendenze di ogni genere ci sono e ci saranno come in quella terra erano presenti il Cananeo, l'Hittita, l'Amorreo ecc…
9 Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l'oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. 10 Ora va'! Io ti mando dal faraone. Fa' uscire dall'Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». 11 Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?».
Ancora una volta una risposta "format" la ascolteremo in continuazione tra i profeti, fino ad arrivare a Zaccaria il padre di Giovanni il Battista e fino anche a Maria la Madre di Gesù!
12 Rispose: «Io sarò con te».
È sufficiente, sarà sufficiente per me?
Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte».